martedì 3 dicembre 2013

"L’articolo 24 relativo ai Diritti del minore, NON si applica in ogni singolo caso di presunta violazione dei diritti fondamentali"


Citazione dalla lettera di Martin Selmayr, capogabinetto della Commissione Giustizia e Diritti fondamentali alla Commissione europa






Nel seguente scambio di lettere con la Commissione europea, il capo gabinetto della Commissaria Reding per la Giustizia e i Diritti Fondamentali, Martin Selmayr, un avvocato tedesco, ci conferma quanto avevamo compreso da tempo, ma che l'opinione pubblica non voleva credere:

i Diritti del minore si trovano nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea con la funzione di ciò che in italiano si chiama specchietto per le allodole, infatti gli Stati membri, e primo fra tutti la Repubblica Federale di Germania, possono tranquillamente violare questi diritti in quanto l’Unione non ha nessuna possibilità di intervenire, sanzionare e tanto meno ristabilire il rispetto dei diritti fondamentali dei bambini.

Selmay ci scrive tra l'altro: "La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare l’articolo 24 relativo ai Diritti del minore, non si applica in ogni singolo caso di presunta violazione dei diritti fondamentali."

Di seguito i testi integrali delle lettere.






Alla Commissaria On. Viviane Reding e al capo Gabinetto Martin Selmayr
e agli altri membri Markus Zalewski, Viviane Hoffmann, Michael Shotter, Margaret Tuite

All’on. Roberta Angelilli
e ai collaboratori dell’Ufficio del Mediatore del Parlamento europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori

All’On. Erminia mazzoni, presidente della Commissione petizioni

Agli Eurodeputati On. Cristiana Muscardini, On. Niccolò Rinaldi, On. Patrizia Toia


3.12.2013


Gentile signor Selmayr,
ricevo la sua mail del 19 novembre[1] in risposta alla mia lettera del 26.08.2013[2] indirizzata alla Commissaria alla Giustizia, Diritti fondamentali e cittadinanza, Viviane Reding.

Innanzi tutto mi vedo obbligata a fare alcune precisazioni.
Lei parla della “mia preoccupazione” in merito all’agire degli Jugendämter. Invece nella lettera da me firmata, ma non “mia”, perché esplicitamente scritta a nome di tre associazioni e per conto di tutti gli associati delle stesse, non viene espressa “preoccupazione”, ma una esplicita accusa e denuncia di razzismo, discriminazione e xenofobia da parte degli Jugendämter tedeschi, pratiche a cui la Commissaria a Giustizia, Diritti fondamentali e cittadinanza dovrebbe mettere fine, se non fosse che, come si legge più sotto, si dichiara impossibilitata a farlo.

Tralascio ogni considerazione sull’affermazione con la quale si dice “profondamente dispiaciuto per la situazione in cui Lei si trova e per il dolore che Le sta causando”, poiché i tre mesi che sono stati necessari a rispondere si commentano da soli. Inoltre non si tratta del “mio” dolore, ma di quello del vastissimo numero di genitori che mi hanno autorizzata a scrivere anche a nome loro come espressamente indicato.

La ringrazio invece moltissimo per la precisazione di un obbrobrio di cui noi eravamo già perfettamente a conoscenza, ma che l’opinione pubblica non voleva credere; ora ne abbiamo la conferma scritta e autorevole che rafforza e rende certezza ogni dubbio di coloro che si chiedono che cosa è questa Europa e come sia possibile che all’interno di uno spazio che si vuole di “libertà e sicurezza” si perpetrino violazioni che nel resto del mondo verrebbero definite barbare e inammissibili e che qui sono invece rivestite di perfetta legalità. Ci spieghiamo meglio.

Nella Sua risposta Lei precisa che “La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare l’articolo 24 relativo ai Diritti del minore[3], non si applica in ogni singolo caso di presunta violazione dei diritti fondamentali. Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, questa si applica agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione”. Arriva così a concludere, come già frequentemente ribadito nelle risposte della Commissione alle numerosissime denunce di violazioni perpetrate dal sistema familiare tedesco, che il Diritto del minore è un diritto nazionale, interno, non è un diritto europeo ed è pertanto al di fuori del campo di applicazione della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea. In altre parole i Diritti del minore si trovano nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea con la funzione di ciò che in italiano si chiama specchietto per le allodole: gli Stati membri, e primo fra tutti la Repubblica Federale di Germania, possono tranquillamente violare questi diritti in quanto l’Unione non ha nessuna possibilità di intervenire, sanzionare e tanto meno ristabilire il rispetto dei diritti fondamentali dei bambini.

Le restanti considerazioni non apportano nulla alle nostre conoscenze. La Amtshaftungsklage presso il Landgericht non può certo ristabilire i diritti dei minori, in quanto noi non denunciamo il comportamento scorretto di alcuni dipendenti dello Jugendamt, ma la funzione stessa dello Jugendamt, parte in causa e genitore di Stato nei procedimenti relativi ai minori, e il concetto di Kindeswohl che, così come applicato, racchiude in sé quello di germanizzazione di tutti i bambini sotto giurisdizione tedesca.

Pertanto il portale europeo della giustizia elettronica e le guide che evidenziano le differenze tra i sistemi giuridici degli Stati membri dovrebbero colmare la lacuna relativa al sistema tedesco, precisando in modo chiaro e inequivocabile che cosa si intenda in Germania per “bene del bambino”, concetto alla base di ogni decisione, ma che non concorda in nulla con quanto inteso dagli altri paesi dell’Unione. I nostri figli e le loro vite distrutte in maniera perfettamente deutsch-legal ne sono l’esempio concreto.

Infine, l’ottavo Forum europeo per i diritti dei minori che si terrà a Bruxelles il 17 e 18 dicembre 2013 sta significativamente rifiutando la partecipazione a una delle associazioni che Le stanno scrivendo, a conferma di quanto le situazioni di cui relazioniamo non siano per nulla difficili, come Lei le definisce, ma piuttosto emblematiche di un sistema che evidenzia ancora una volta la volontà di impedirne il cambiamento.

In concreto chiediamo:
che si informino tutti gli Stati dell’Unione delle diversità presenti nel sistema tedesco, la presenza di una parte in causa e genitore di Stato (Jugendamt) e la diversità del concetto di Kindeswohl con quello di “bene del bambino” o “interesse superiore del minore”;
l’autorizzazione a partecipare all’ottavo Forum del 17-18 dicembre di tutte le associazioni scriventi;
il ripristino dei diritti fondamentali dei figli degli scriventi, non alla luce del diritto di famiglia tedesco che continuerà a negarli, ma perché diritti fondamentali il cui rispetto ogni cittadino, maggiorenne o minorenne, è tenuto a reclamare.

Restiamo in attesa di una risposta in tempi brevi e ringraziando porgiamo distinti saluti

Dott.ssa Marinella Colombo
A nome e per conto anche degli altri genitori citati e delle Associazioni
C.S.IN (Centro Servizi Interdisciplinare) – Free Marcel – Enfants Otages – Federgenitori – BiC (Best Interest of the Child) – P.U.P.I. (Professionisti Uniti per l’Infanzia) – A.P.I. Onlus (Associazione Pediatri Italiani) – C.I.Pe (Conferderazione Italiana Pediatri) – S.I.N.S.Pe (Sindacato Italiano Nazionale Medici Specialisti Pediatri) – ACPc (Associazione culturale Pediatri Catanesi) – Mondo Pediatrico (Associazione Pediatri di Famiglia)




[1] Vedi allegato 1
[2] Vedi allegato 2
[3] Articolo 24 - Diritti del minore:
1.   I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione. Questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.
2.   In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del minore deve essere considerato preminente.
3.   Il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse.
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Allegato 1





Allegato 2

Alla Commissaria On. Viviane Reding
e ai membri del suo gabinetto Markus Zalewski, Viviane Hoffmann, Michael Shotter, Margaret Tuite

All’on. Roberta Angelilli
e ai suoi collaboratori dell’Ufficio del Mediatore del Parlamento europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori

All’On. Erminia mazzoni, presidente della Commissione petizioni

Agli Eurodeputati On. Cristiana Muscardini, On. Niccolò Rinaldi, On. Patrizia Toia


 26.08.2013


Ogg.: sistema familiare tedesco (Jugendamt+Tribunali)




Gent.li Eurodeputati e membri della Commissione europea


Mentre tutti sono o stati in ferie e anche i nostri figli probabilmente lo sono, noi, i genitori non-tedeschi, non sappiamo neppure dove i nostri ragazzi si trovino, non sappiamo con chi sono, cosa fanno, cosa sentono.

Non sto parlando solo del mio caso di mamma, ritenuto l’unico genitore idoneo ad occuparsi dei figli, ma colpevole di aver scoperto che lo Jugendamt si era messo d’accordo anticipatamente con il mio ex, tedesco, per costruire i procedimenti in tribunale a suo favore e così cambiare la collocazione dei figli e i relativi diritti su di loro. Per avere rese note queste modalità della giustizia familiare tedesca, sono stata presentata, trattata e condannata come una criminale. Al momento ci sono ancora sette processi in corso, un vero e proprio stalking giudiziario. Oltre a perseguire nella costruzione di un altro motivo per farmi nuovamente incarcerare, si sta mettendo in atto, con la collaborazione del tribunale di Milano, la finalità strettamente collegata alla sparizione dei bambini in Germania: il trasferimento di ogni bene, mobile ed immobile, mio e della mia famiglia, dall’Italia alla Germania. Sono quasi tre anni che non vedo i miei figli.

Il vero tema, ormai lo sappiamo, non è quello del divorzio, ma quello del genitore non tedesco che rappresenta per sua natura un pericolo per il Kindeswohl dei tedeschi (=benessere della comunità dei tedeschi), quello di ogni lingua e cultura non tedesca che, in quanto tale e per quello che rappresenta, va cancellata. Il tema è quello della germanizzazione dei nostri figli, fenomeno che non potremo chiamare altrimenti fino a quando le autorità tedesche non ci daranno la possibilità di farlo, cioè non ci mostreranno con azioni concrete che non è questa la finalità da loro perseguita. Ad oggi, tutte le prove e i documenti confermano le nostre affermazioni, i nostri figli vengono germanizzati con procedimenti solo apparentemente legali.

Desidero pertanto richiamare alla Vostra attenzione altri casi, alcuni conosciuti, ma completamente irrisolti ed altri attualmente in corso e che non possono più essere ignorati.

Mi riferisco alla piccola Irene, bambina nata e cresciuta felicemente nel sud dell’Italia con i suoi genitori. La famiglia si è trasferita in Germania per lavoro e credendo di dare un futuro ai propri figli. Il risultato è stata l’appropriazione della bambina e di tutti i diritti su di lei da parte dello Jugendamt tedesco, appena trascorsi i sei mesi di residenza sul suolo tedesco che attribuivano pertanto, in forza del RE 2201/2003, la competenza giurisdizionale al sistema familiare tedesco (Jugendamt e tribunale). Sono due anni che la bambina si trova in un istituto e da sedici mesi non ha più nessun tipo di contatto con i suoi genitori. Le terribili false accuse contro i genitori usate per sottrarre loro la bambina si sono rivelate poi, per ammissione delle stesse autorità tedesche, completamente infondate, ma i genitori ormai non hanno più nessun diritto sulla piccola. Stando ai documenti, ai test e alle relazioni, questa bambina, sana, equilibrata e felice fino a quando ha vissuto in Italia, sarebbe diventata “handicappata mentale” (cito testualmente) al passare la frontiera. La prima richiesta (2012) del console generale d’Italia ad Hannover di affidare la bambina ai servizi sociali italiani è rimasta senza risposta, la seconda sarebbe andata “persa” e per la terza siamo ancora in attesa di una risposta che, guarda caso, tarda ad arrivare. La bambina porta allo Jugendamt entrate per quasi 5.000 euro al mese.

Penso anche al figlio di Massimo che, a tutela del Kindeswohl dei tedeschi, non potrà più avere neanche i rari, sporadici quanto assurdi contatti di 24 ore in totale in un intero anno con il genitore italiano. Il tribunale tedesco ha infatti disposto una perizia che in 90 pagine illustra come l’unico interesse del genitore tedesco (qui la madre) sia quello di allontanare il bambino da suo padre e presentargli altri figure in sostituzione di questa (Sozialvater), pertanto il bambino si trova sotto stress e per evitargli questo stress la soluzione è interrompere ogni tipo di contatto con il padre in Italia, nominare una persona tedesca (in questo caso uno psicologo esperto in dipendenze!) sconosciuta al bambino che andrà a trovarlo e manderà ogni sei settimane informazioni al vero padre. Per arrivare a questa decisione, molte migliaia di euro hanno varcato la frontiera, con destinazione Germania. Superfluo precisare che anche questa assurda modalità sancita dall’ultimo decreto di informare il genitore in Italia a mezzo di uno sconosciuto non è stata messa in pratica. Il genitore non tedesco deve pagare e tacere o, ancora meglio, scomparire proprio. Con lui scompare tutta la famiglia italiana, la lingua e la cultura.

Penso ai bambini di Jacy, l’avvocata brasiliana, che si è recata due anni fa in Germania per far trascorre ai bambini una lunga vacanza con il padre dal quale lei si era separata quando tutta la famiglia viveva in Brasile. Lo Jugendamt le ha sottratto bambini e passaporti accusandola di avere l’intenzione di rapirli e portarli in Brasile, cioè il luogo di residenza abituale. Sono due anni che questi bimbi hanno perso la mamma. Varie migliaia di euro sono entrate nelle casse tedesche per procedimenti farsa del tribunale, procedimenti nei quali un genitore non tedesco può solo perdere poiché rappresenta intrinsecamente un pericolo per il Kindeswohl.

Penso alla figlia di Enzo il quale, separatosi dalla compagna spagnola in Spagna, ha potuto continuare ad essere un buon padre fino al giorno in cui la donna ha conosciuto un tedesco e ha sottratto la bambina portandola in Germania. A tutela del Kindeswohl, il tribunale tedesco ha deciso che questa bambina italo-spagnola non deve più avere nessun tipo di contatto con suo padre. La sottrazione è ovviamente diventata un atto di legalità tedesca.

Mi chiedo se i figli di Lionel, due bambini franco-tedeschi in Germania, sanno che il loro papà non li ha dimenticati, che continua a cercare in Internet le loro foto e scopre ogni volta quello sguardo vuoto e rassegnato che contraddistingue tutti i nostri figli. Dopo essersi lamentato con lo Jugendamt del fatto di non sapere più nulla dei propri figli da anni, chiedendo retoricamente se fosse questo il Kindeswohl al quale lavora lo Jugendamt, quest’ultimo gli ha risposto che avrebbe potuto smettere di pagare solo se avesse ricevuto il certificato di morte dei suoi figli. La Germania ha richiesto l’incarcerazione e l’estradizione di Lionel per mancato pagamento degli alimenti.

Caroline ha due figli, un maschio e una femmina, ma solo uno vive in Francia. Il padre tedesco voleva soltanto la bambina e dunque lo Jugendamt e poi il giudice hanno affermato che, essendo piccoli, non erano fratelli da molto e li si poteva dunque separare (sie sind noch nicht lange Geschwister, die kann man schon trennen) e hanno poi così deciso. Pur di germanizzare la figlia, il genitore tedesco (qui il padre) ha ridotto e poi annullato ogni contatto con la ex compagna e il figlio, rinunciando lui stesso a incontrarlo.

Alain è doppiamente pericoloso. Infatti, quando la sua compagna ha sottratto la figlia, il tribunale tedesco ha ugualmente negato l’affido a lui, in quanto non solo genitore non tedesco, ma anche cieco e pertanto handicappato. Subito dopo le visite sono state però sospese perché una chiamata anonima avrebbe avvisato dell’intenzione di questo padre cieco di rapire la bambina. Dopo che migliaia e migliaia di euro sono passati dalla Francia alla Germania, Alain è riuscito a convincere della sua innocenza e ottenere incontri centellinati con sua figlia; ma non può uscire per strada con lei perché è cieco e dunque non in grado di gestire la situazione, può invece prendere taxi-treno-aereo per andare in Germania, anche se è cieco. La bimba, che non può mai andare a trovare la famiglia in Francia, dopo solo un anno di germanizzazione, gli ha detto: “Io sono tedesca e ho una sola lingua. Parlare in francese fa venire il mal di testa”.

La figlia di Joel non ha mai visto suo padre che solo per lei è rimasto in Germania. Joel era con noi all’incontro con il gabinetto della Commissaria Reding nel luglio di quest’anno. Ha dettagliatamente spiegato la farsa dei procedimenti giuridici tedeschi, ha ricordato come egli ha perso tutti i gradi di giudizio perché la Germania non riconosce i suoi diritti naturali di padre motivando con il fatto che “il genitore tedesco (qui la madre) non vuole parlare con lui”, dunque non c’è dialogo fra i genitori, dunque non gli si può riconoscere né affido condiviso, né responsabilità genitoriale. Ovviamente deve pagare la germanizzazione di sua figlia, efficientemente assicurata da pignoramenti sul suo conto corrente, pignoramenti che sono -questi sì- messi in pratica con incredibile celerità.

A mio nome chiedo azioni CONCRETE per la liberazione dei miei figli dalla germanizzazione cui sono sottoposti da anni, così come lo richiedono gli altri genitori menzionati.

A nome dell’Associazione C.S.IN. di cui faccio parte quale responsabile nazionale dello Sportello-Jugendamt e delle Organizzazioni associate Free Marcel e Enfants Otages chiedo al Parlamento e alla Commissione europea la risposta definitiva al quesito che poniamo da anni:

Le istituzioni europee sono intenzionate e sono in grado di ristabilire i diritti fondamentali dei nostri e di altre centinaia di migliaia di bambini ostaggio delle autorità tedesche, o stanno prendendo tempo a fianco di queste stesse autorità incriminate, in attesa che si compia la definitiva germanizzazione e la nostra distruzione fisica, psicologica ed economica?

O forse le istituzioni europee vorrebbero sostenerci, ma non sono in grado di farlo per via dei regolamenti che loro stesse ci hanno imposto? La Commissione europea ci ripete da anni che il diritto di famiglia è diritto nazionale e pertanto non di competenza della Commissione; ma chi ha firmato i regolamenti che impongono il riconoscimento senza exequatur delle sentenze tedesche, appunto di diritto di famiglia, cioè di quel diritto che impone in tutta l’Europa la visione nazionalistica e xenofoba tedesca?

L’Europa ci impone un diritto che lei stessa giudica “difforme” da quello degli altri Stati e poi si dichiara impossibilitata ad intervenire sulle conseguenze che sono inequivocabilmente violazioni dei diritti fondamentali e dei minori. Questo non è più ammissibile.

Il RE 2201/2003 prevede nelle disposizioni finali, articolo 65, capo VII: “Al più tardi il 10 gennaio 2012 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri, una relazione sull'applicazione del presente regolamento, corredata se del caso di proposte di adeguamento”. Ormai l’adeguamento è d’obbligo; l’Europa non può imporre ai suoi cittadini, tramite il regolamento, un diritto che non controlla e che non è conforme a quello degli altri Stati. Il riconoscimento delle decisioni tedesche va SOSPESO fino a quando non si sarà davvero realizzata l’armonizzazione tra le diverse giurisdizioni!

Non si tratta di poche decine di bambini figli di genitori separati, ma di migliaia e migliaia di vite, del nostro futuro e dell’economia di una Europa che si sta consegnando alla Germania, perdendo sempre più credibilità tra i suoi cittadini, a partire da noi stessi genitori che eravamo l’esempio pratico di questo credo: credevamo di aver messo al mondo i cittadini europei del futuro, bilingui e biculturali e ci ritroviamo, senza possibilità di essere contraddetti, genitori di bambini tedeschi a noi completamente estranei, allevati nella paura e nel disprezzo per tutto ciò che non è tedesco.


Resto in attesa di un Vostro riscontro, celere ed esaustivo e colgo l’occasione per porgere distinti saluti


Dott.ssa Marinella Colombo
A nome e per conto anche degli altri genitori citati
e delle Associazioni
C.S.IN – Free Marcel – Enfants Otages









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